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venerdì 26 marzo 2010

Nero su bianco

Ho imparato a scrivere a 5 anni.
E credo di non aver più smesso da allora.
A scuola ho sempre fatto il minimo indispensabile. Alla elementari ci ho creduto per i primi due o tre anni, poi mi sono adagiata nel "potrebbe fare di più". E' che sono sempre stata pigra. Fare le divisioni mi risultava troppo faticoso. Imparare le regioni italiane era uno sforzo immane.
Caso vuole che d'altro canto mi sentissi terribilmente umiliata quando prendevo un brutto voto. Quindi trovai una mezza strada tra il dolce far niente e l'avere voti decenti.
Una cosa però non mi risultava per nulla difficile e faticosa. Scrivere i temi. Il mio primo "successo letterario" fu una favola di una pagina e mezzo scritta in seconda elementare. La maestra la lesse in classe. I miei compagni mi presero in giro. E io mi vergognai tantissimo. Mi diede "Superottimo!". Al ricevimento genitori la maestra fece leggere la favola alla mia mamma e le disse di quanto era fiera di me, di quanto fosse stupefacente che io avessi una fantasia del genere. Mia mamma si mise in borsa il racconto e una volta arrivata a casa lo fece leggere a tutti. Papà, nonni, nonne, zii, zie. Era una stupida favola di una principessa e un'unicorno. E io ero una bambina di sette anni che cantava Cristina D'Avena e guardava cartoni animati.
Continuai a scrivere per compito, perchè dovevo farlo. Passai alle scuole medie. Di fronte a me c'erano professori che ci trattavano già come persone adulte. La mia prof di italiano era una tosta, che non regalava voti a nessuno, nemmeno ai figli di. Però lesse tre miei temi in classe. I miei compagni mi guardavano invidiosi. E io mi vergognai tantissimo tutte e tre le volte. Avevo voti bellissimi nei temi, mai presi in nessun'altra materia. Ai ricevimenti erano dolori in matematica e scienze. Quindi mia mamma si riservava la prof di italiano per ultima, perchè le diceva cose strabilianti su di me. "Dio, che temi che scrive! Temi sull'adolescenza, la musica, gli amici!". E io ero un'adolescente che ascoltava musica e aveva degli amici.
Infine vennero le scuole superiori. In una nuova città, con gente che io non conoscevo e che non mi conosceva. Il primo tema che ci diede la prof di italiano era "Descriviti". Presi la penna e mi descrissi così come mi vedevo. Piccola, bruttina, un pò sfigata. La prof lo lesse in classe. I miei compagni mi fecero i complimenti. E io, neanche a dirlo, mi vergognai ancora una volta. 
"Come fai?" mi chiese una mia compagna secchiona con voti stratosferici in tutte le materie tranne che in italiano. "Leggo la traccia, prendo la penna e scrivo.". Lei mi rispose che potevo anche tirarmela un pò meno. E io pensai che se solo lei avesse saputo la vergogna che avevo provato io a sentir leggere i miei temi in classe forse avrebbe capito che per me era solo leggere la traccia, prendere la penna e scrivere.
Un giorno anche la mia ultima prof di italiano, quella che ebbi in quinta superiore, volle leggere un mio tema in classe. Scocciata, le chiesi se poteva evitare. Lei non lo lesse, ma dopo la lezione mi fermò e mi disse: "Se ti chiedo di scrivere di cavolfiori, tu non descrivi i cavolfiori, la loro crescita, la loro raccolta e i modi di cucinarli come farebbero la maggior parte dei tuoi compagni. Tu parli del loro odore, del loro sapore, della sensazione che provi nel mangiarli. E' diverso. E di questo non ti devi vergognare ma esserne fiera.". Io ho adorato quella prof. Perchè quando ho fatto la maturità nel 2005 ho letto la traccia, preso la penna e scritto. Perchè quando ho fatto l'orale e mi hanno fatto vedere le prove scritte, lei mi ha detto: "Sei andata fuori tema." E io non ci credevo. Non mi era mai successo. Mi doveva succedere proprio alla maturità? Poi mi disse: "Volevo darti 8/15. Ero arrabbiata. Poi l'ho fatto leggere alla prof di tedesco. E a quella di francese. E a quello di arte. E alla fine ti ho dato 13/15."
Ora non scrivo più per compito. Scrivo per curarmi. Leggo la traccia dentro di me, prendo la penna e scrivo. E non mi vergogno più se qualcuno lo legge. E non me ne frega neanche se quel qualcuno pensa che me la tiro.

6 commenti:

  1. stessa tua storia, con la differenza che io mi vergognavo talmente tanto che ho sempre detto NO alle letture in classe... mi sembrava che tutti potessero vedermi dentro... anche adesso non è passata del tutto.... scrivo in un blog...ma nessuno conosce la mia identità.... ho ammirato sinceramente le persone che riescono a mettere le proprie foto in rete e poi parlare dei temi più disparati... addirittura ci sono persone che sono nude in rete... vorrei avere ogni tanto la loro sicurezza...

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  2. Anche io ho avuto dei problemi a far leggere quello che scrivo... avevo voglia di aprire un blog da tempo, poi ci pensavo e ripensavo...
    Erika non smettere mai di "curarti" in questo modo meraviglioso, perchè stai diventando una cura anche per me!

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  3. Dal quello che scrivi si capisce che ti piace e che ci metti tutta te stessa,la penna è una parte di te, della tua coscenza. Mi piace questo posticino proprio per come scrivi e per cosa scrivi. Complimenti

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  4. Io idem. Stesso lavoro. Vorrei lasciarti un commento fotonico ma lo spazio è poco. Quindi.. Sai cosa mi è piaciuto davvero di tutto 'sto post? Solo 3 parole in realtà: "scrivo per curarmi". Sintetico, ma dice tutto. Molto bello. Tra l'altro mi ha fatto venire in mente una frase della canzone "l'avvelenata" di Guccini che volevo mettere nel blog...
    Ps. non so se te l'ho mai detto, ma secondo me sei brava a scrivere :)
    Ciau!

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  5. Anche a me è capitato ma meno che a te ;-)
    Erica tu scrivi per curarti,e io ti leggo per lo stesso motivo. Non smettere mai.Mai.Fa bene a tutti, credimi.
    Ti abbraccio forteeeeee!!!
    Piesse: e poi 'sta sintonia, dove la mettiamo?? ;-)

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